Le donne non denunciano violenza e stalking: sindrome di Stoccolma

Sindrome di Stoccolma e stalking: perché le donne non denunciano?

Solo il 7% delle donne vittime di maltrattamenti, stalking e abusi denuncia la violenza subita. Varie possono essere le motivazioni: dall’inadeguato supporto che sentono di avere al desiderio di conservare l’unione familiare, visto che la maggior parte degli abusi avvengono proprio in famiglia.

Ma se provassimo a dare una motivazione ancora più psicologica? Si potrebbe azzardare anche una lettura della sindrome di Stoccolma in chiave post-moderna. Prima di comprendere questo nesso proviamo a spiegare cosa si intende per Sindrome di Stoccolma.

ORIGINE DELLA SINDROME DI STOCCOLMA

Siamo negli anni ’70. Eric Olsson, 32 anni si trovava in prigione a Stoccolma per furto ma riesce ad evadere, contatta il suo ex compagno di cella Clark Olofsson, 26 anni e da poco rimesso in libertà, ed assieme organizzano una rapina alla “Sveriges Kredit Bank” di Stoccolma. Lì si trovavano 3 donne e un uomo che, all’arrivo della polizia, vengono presi in ostaggio.

Dopo circa 6 giorni di prigionia i malviventi si arrendono e gli ostaggi vengono liberati. Una classica storia da film. Ma il punto fu che dai colloqui psicologici risultò una sorta di legame, di attaccamento positivo, delle vittime nei confronti dei loro sequestratori. Il nome Sindrome di Stoccolma si deve al criminologo e psicologo Nils Bejeroche che analizzò metodologicamente gli aspetti psicologici dell’evento.

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SINDROME DI STOCCOLMA, STALKING E VIOLENZA SULLE DONNE: QUALI LEGAMI?

Quali aspetti della sindrome di Stoccolma possono aiutarci a capire perché il 93% delle donne che ha subito violenza non denuncia il proprio aggressore?

  1. Sentimenti positivi degli ostaggi verso i rapitori: le persone che sviluppano questa sindrome parlano in termini positivi dei propri aggressori descrivendoli come coloro che “hanno ridato loro la vita”.  Questa sensazione per quanto possa essere curiosa è quanto più che comprensibile in quanto, dopo un prolungato momento di sofferenza, si percepisce un senso di libertà quando il sequestratore, o l’aggressore (nel caso di violenza sulle donne), si arrende o smette di picchiare la vittima
  2. Sentimenti negativi delle vittime verso la polizia: si crea una sorta di ingroup (gruppo “interno”) tra chi è “dentro” la situazione e chi ne è fuori come se solo chi è coinvolto nell’evento possa realmente comprenderne le dinamiche sconosciute all’outgroup (“gruppo esterno”) al resto del mondo fuori.
  3. Reciprocità di sentimenti positivi fra sequestratori e vittime: se da un lato la vittima non sviluppa un’avversione piena verso il suo aggressore, tanto che non lo denuncia, dall’altro lato anche quest’ultimo ha una tendenza a “proteggere” le sue vittime ma, mentre nel caso della Sindrome di Stoccolma questo sentimento si manifesta nel fare in modo che non si giunga a uno scontro con l’aggressore e la polizia, quando parliamo di violenza sulle donne l’aggressore manifesta comportamenti “protettivi” che sfociano nel patologico con tendenze di tipo ossessivo.

IN CONCLUSIONE: STALKING E SINDROME DI STOCCOLMA, COSA CI PUO’ ESSERE DI VERO?

La Sindrome di Stoccolma può darci dei validi spunti per capire perché le donne non denunciano la violenza o lo stalking subiti ma d’altro conto non possiamo esimerci dal metterci in discussione chiedendoci: facciamo tutto ciò che è in nostro potere per aiutarle?

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